Lo smart working negli ultimi tempi ha assunto un’importanza davvero incredibile. Si è affermato ancora di più soprattutto in seguito alle nuove esigenze lavorative imposte dalla pandemia ed oggi è visto sempre di più come una forma di lavoro che può riscuotere molto successo e può portare diversi vantaggi. D’altronde lo smart working può coinvolgere interi settori lavorativi ed economici. Ha tutte le potenzialità per modificare in maniera esatta la vita delle aziende e del sistema economico. Ma non ci riferiamo soltanto ad un contesto economico locale, visto che lo smart working può entrare come uno dei protagonisti assoluti anche a livello macroeconomico. Proviamo a scoprirne di più su questo argomento.
Perché lo smart working genera uno sconvolgimento economico
Oggi l’accesso più facilitato ad internet sta dando veramente molte più opportunità, sia per quanto riguarda il lavoro che per ciò che concerne le possibilità di intrattenimento, con l’affermarsi di giochi vari su internet, come il rubamazzo online, e tutti quegli aspetti che gli utenti utilizzano per divertirsi.
Quindi appare evidente come lo smart working si situi in questo contesto che ormai è permeato sempre di più dalla digital economy. Da questo punto di vista possiamo dire che lo smart working può provocare un vero e proprio sconvolgimento del sistema produttivo a livello economico.
È evidente che gli equilibri economici nazionali ed internazionali non possono restare indifferenti all’introduzione di nuove modalità di lavoro agile. Un po’ come avvenne nel XVIII secolo con la rivoluzione industriale.
Infatti non si tratta soltanto di cambiamenti nello stile di vita che interessano i lavoratori, ma si vengono a creare delle modifiche che interessano l’organizzazione stessa delle aziende, che dovranno operare nuovi schemi per adattarsi al nuovo business che prevede nuovi sistemi di articolazione del lavoro.
Lo smart working può portare alla crisi finanziaria?
Alcuni esperti che analizzano gli effetti dello smart working anche a lungo termine mettono in evidenza che i primi effetti di questo nuovo modo di lavorare non potranno non avere delle conseguenze a livello di gettito fiscale.
Nello specifico gli esperti evidenziano come proprio da tutto questo processo potrebbe derivarne una crisi delle piccole e medie imprese, che si ritroveranno a dover fare i conti da un lato con l’affermarsi delle grandi imprese multinazionali e dall’altro con un ruolo sempre più importante che spetterà alle micro imprese a filiera corta che lavorano soprattutto a livello locale.
Si potrebbe pensare quindi ad una vera e propria crisi delle PMI ed è un fattore che non deve essere sottovalutato. Infatti da un lato ci sarà sicuramente la corsa da parte delle grandi imprese a spostare le loro sedi nei Paesi in cui la manodopera costa meno. In questo scenario si aprono soprattutto le risorse disponibili in estremo Oriente. È molto probabile che le grandi imprese vorranno dislocarsi in queste aree del mondo, in cui pagare le tasse e assumere il personale.
È chiaro che ci sarà quindi da questo punto di vista una trasformazione del gettito fiscale, di cui primo fra tutti il nostro Paese e il mondo occidentale risentiranno.
La geolocalizzazione della digital economy potrebbe apportare grandi cambiamenti, perché gli Stati ricaverebbero più guadagni dalle imposte particolari, come quelle dell’Iva che viene applicata sugli acquisti. Molti Stati invece non potrebbero più fare forte affidamento sulle tasse derivanti dalle imposte sul reddito d’impresa o dei redditi dei dipendenti aziendali.
È chiaro anche che il ruolo più prominente sarà in mano alle grandi multinazionali, che puntano su una produzione massificata e standardizzata tramite la quale vogliono abbattere i costi di produzione, portando avanti una produzione su scala globale. Ci potrebbero essere conseguenze, secondo gli esperti, anche per quanto riguarda l’occupazione.