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Stop pensioni anticipate: cosa succederà nel 2025, scenari possibili

Dopo il monito della Commissione Europea e della Ragioneria dello Stato, il DEF 2024 e i rilievi del CNEL hanno sancito lo stop alle pensioni anticipate dal 2025 in Italia.

Secondo i rilievi degli enti, l’aumento di circa 70 miliardi di euro negli ultimi 5 anni della spesa pensionistica nel nostro Paese rischia di diventare insostenibile.

Quindi, al Governo non resterebbe altro che fermare i meccanismi di prepensionamento oggi vigenti per evitare il collasso economico.

In questo articolo spieghiamo quali sono gli scenari possibili per la riforma delle pensioni 2025 e perché si rischia lo stop ai prepensionamenti dal prossimo anno.

Stop pensioni anticipate dal 2025

Da alcuni anni la Commissione Europea e la Ragioneria dello Stato monitorano le quote pensionistiche italiane in modo molto critico.

Per l’UE, il sistema pensionistico italiano è pericolosamente in marcia verso il collasso perché la spesa pensionistica nazionale è aumentata di quasi 70 miliardi di euro tra il 2019 e il 2024.

Secondo la Ragioneria Generale dello Stato, invece, dal 2029 in poi, la spesa pensionistica rispetto al PIL aumenterà significativamente, raggiungendo un picco del 17% nel 2040. Nel confronto tra entrate e uscite, quindi, il quadro economico rischia di diventare finanziariamente insostenibile.

A confermare questa situazione sono anche il DEF 2024 e i rilievi del CNEL. Il problema principale sono i costi per lo Stato, considerando che la spesa pubblica per le pensioni è cresciuta. Parliamo di 337,4 miliardi di euro nel 2024. La cifra salirà poi a 345 miliardi di euro nel 2025, 356 miliardi di euro nel 2026 e fino a 368 miliardi di euro nel 2027.

Complici del rialzo della spesa sono anche i meccanismi di pensionamento anticipato nel 2024. Parliamo di quei sistemi rinnovati di anno in anno e pensati per favorire l’uscita anticipata dal mondo del lavoro a determinate categorie di lavoratori. L’obiettivo di tali misure è evitare il ritorno tout court alla Legge Fornero che, in estrema sintesi, permette il solo pensionamento a 67 anni – se in possesso di determinati requisiti e in specifici casi – purché si siano accumulati 20 anni di contributi.

Proprio perché sono i numeri a preoccupare, è importante avere un quadro generale su quanti hanno ricorso al prepensionamento anticipato negli ultimi anni. Vediamolo.

I dati dei pensionamenti anticipati

Negli ultimi anni, stando ai dati dell’ultimo Osservatorio INPS pubblicato a marzo 2024 (l’ultimo disponibile) e quelli precedenti, molti hanno avuto accesso alla pensione ricorrendo ai sistemi di pensione anticipata flessibile tra l’inizio del 2019 e la fine del 2023. Ossia:

  • Nel 2022 sono state erogate oltre 260.400 pensioni anticipate;
  • Nel 2023 sono state erogate 227.639 pensioni anticipate;
  • Oltre 435.000 lavoratori hanno usufruito della Quota 100 (anche se non più in vigore dal 2021) per il pensionamento anticipato;
  • 36.000 lavoratori hanno usufruito della Quota 102 (64 anni di età e 38 di contributi, in vigore fino al 2022) e successivamente della Quota 103 (in vigore dal 2023 e modificata nel 2024, che permette di andare in pensione con 41 anni di contributi e 62 anni di età).

Nonostante, secondo il report, ci sia stato un calo di appeal di tali tipi di pensionamento anticipato nel 2024, le quote pensionistiche, insieme ai costi di indicizzazione legati all’inflazione in rialzo, continuano a rendere poco sostenibile la spesa previdenziale italiana.

A peggiorare il quadro, stando al XI Rapporto di Itinerari Previdenziali, il sistema previdenziale in Italia resterà stabile per altri 10 o 15 anni (fino al 2025 – 2030 almeno), per poi essere a rischio mantenimento. Il report, cioè, dimostra che a un certo punto i costi potrebbero arrivare a superare gli introiti. Ciò accadrà se non si darà un freno a queste misure di uscita anticipata dal mondo del lavoro. Diversamente, se non si rispetterà quanto stabilito nel DEF 2024, si rischia anche una procedura di infrazione da parte dell’UE per il mancato rispetto dei parametri dell’andamento della spesa per le prestazioni sociali.

Per questo motivo, l’unico modo per abbassare la spesa, secondo gli enti di controllo, è prevedere lo stop alle pensioni anticipate dal prossimo anno.

Cosa succederà alle pensioni nel 2025

Dal 2025 potrebbe essere necessario lo stop alle pensioni anticipate.

La maggior parte delle forme di pensionamento anticipato 2024, cioè, potrebbero essere sospese.

Le uniche possibilità di pensionamento in anticipo che potrebbero essere introdotte o confermate per il 2025 con la prossima Manovra sarebbero, secondo le ultime notizie:

  • La Quota 41, poco attuabile economicamente però;
  • Un ritorno allo schema della Legge Dini con una flessibilità in uscita dai 64 ai 72 anni, senza più il ricorso al sistema delle Quote;
  • La pensione anticipata ordinaria;
  • La pensione per i lavoratori precoci.

Inoltre, il Governo sta lavorando anche a un’altra possibile novità da inserire nella riforma pensioni 2025. Ossia, la proposta del bonus pensione a 71 anni, dedicato a chi sceglie di lavorare oltre la soglia di età per la pensione di vecchiaia. Ovviamente si tratta solo di una proposta su cui il Governo sta ancora valutando fattibilità, pro e contro.

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